Aflatossine nel mais: il controllo biologico è la strada per il Made in Italy

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Le contaminazioni da micotossine sono una grave problematica che coinvolge direttamente i produttori agricoli del settore cerealicolo. Questo è particolarmente vero per l’aflatossina B1, uno dei principali contaminanti del mais.

Il fungo Aspergillus flavus e le aflatossine
Le aflatossine sono metaboliti secondari, prodotti dal fungo Aspergillus flavus, responsabili della contaminazione, sia in campo che allo stoccaggio, di un gran numero di colture da reddito come arachidi, cotone, pistacchio e appunto i cereali. Questa è un problematica diffusa in tutto il mondo, ma maggiormente presente nelle aree tropicali in quanto questo fungo predilige condizioni di alte temperature e piogge limitate. Negli ultimi anni, a causa dei cambiamenti climatici in atto, si manifesta sempre più frequentemente anche in Europa, in particolare nei paesi dell’area Mediterranea come l’Italia. Tra queste l’aflatossina B1 è sicuramente la più pericolosa, classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di classe 1 in quanto cancerogena ed in grado di causare tossicità sia acuta sia cronica in animali ed uomo. Per queste ragioni l’aflatossina B1 è l’unica fra le micotossine ad essere regolamentata per alimenti destinati al consumo sia umano che animale così come il suo metabolita l’aflatossina M1 contaminante del latte. I limiti di legge sono estremamente stringenti, infatti la legge europea (regolamento UE 547/2011) impone per mangimi composti per bovini da latte e vitelli limiti di 5 μg/kg di AFB1 e di 20 μg/kg di AFB1 sia per le “materie prime per mangimi” che per “i mangimi composti per bovini, ovini, caprini, suini (eccetto suinetti) e pollame”.


La problematica delle aflatossine nella filiera maidicola italiana
Le aflatossine possono contaminare, a livelli anche gravi, le principali materie prime vegetali utilizzate in azienda per l’alimentazione degli animali da reddito o impiegate nell’industria mangimistica. Particolare attenzione deve essere posta alle contaminazioni nel mais, la materia prima più utilizzata per l’alimentazione zootecnica. Questa materia prima, infatti, può raggiungere quote molto alte se incluso direttamente nelle razioni sotto forma di pastone o come granella intera o sottoposta a trattamenti fisici (farine, estrusi, fiocchi).

Il problema aflatossine nel mais è stato rilevato in italia per la prima volta nella campagna agraria 2003 in cui si sono verificate le condizioni ideali, alte temperature e carenza idrica, per lo sviluppo del fungo e la conseguente produzione di aflatossine. Se in passato annate come quella del 2003 sembravano un “caso raro” dovuto ad un’ eccezionalità climatica, dal 2012 ad oggi siamo andati incontro ad un susseguirsi di estati sempre più favorevoli per la proliferazione dell’Aspergillus, come conseguenza del processo di cambiamento climatico in atto. Queste particolari condizioni climatiche, insieme all’aumento significativo delle spese di coltivazione e l’indebolimento del prezzo del prodotto, hanno favorito il progressivo abbandono delle superfici coltivate a mais, generando come conseguenza un forte calo dell’autoapprovvigionamento di granella mais, sceso del 30% dal 2012 al 2017, ed una crescente necessità di importazione, oggi pari a circa il 50%, per sostenere i consumi interni pressochè inalterati.

Il principio del biocontrollo, strategia preventiva per combattere le aflatossine
Come è possibile difendersi dalle aflatossine e preservare il mais italiano? Gli agricoltori costituiscono il primo anello di questa filiera e devono ricoprire un ruolo attivo nel processo di prevenzione adottando sistemi idonei a contenere la diffusione delle micotossine con una serie di buone pratiche agronomiche come, ad esempio, il controllo degli insetti dannosi, una corretta gestione delle infestanti, prevenire gli stati di carenza idrica e nutrizionale, l’ anticipo dell’epoca di semina e la scelta ottimale dell’ibrido. Troppo spesso però, pur osservando le migliori pratiche agricole, si riesce solo a mitigare il problema.

Per questo motivo sono state considerate numerose opzioni per ridurre la produzione di aflatossine in campo, ma i risultati sono stati spesso non soddisfacenti. Tra le varie strategie, l’unica che ha dato risultati concreti e molto interessanti, è quella che prevede l’applicazione in campo di ceppi atossigeni di A. flavus. Questa tecnica si basa su un principio molto semplice. Nella popolazione dei funghi della specie Aspergillus flavus sono presenti anche ceppi non produttori di aflatossine, in percentuali diverse a seconda dell’area geografica interessata. È possibile sfruttare questa condizione naturale selezionando ceppi non produttori di afltossine particolarmente competitivi che, addizionati artificialmente nell’ambiente, si vadano a sostituire ai produttori (sostituzione competitiva) in modo tale da ridurre la produzione e l’accumolo di aflatossine nelle colture.

Strategie basate sull’escluzione competitiva sono già state usate con successo in Africa e negli Stati Uniti con la registrazione e l’uso di prodotti a base di ceppi non tossigeni di A. flavus quali AF36 prodotto dall’Arizona Cotton Research in USA e AflaSafe prodotto dall’International Institute of Tropical Agriculture (IITA) in Africa.

L’efficacia di un agente di biocontrollo dipende da numerosi fattori tra cui l’adattamento alle condizioni ambientali. Pertanto è di fondamentale importanza che il ceppo utilizzato sia stato selezionato nell’area in cui si intende applicarlo al fine di valorizzarne al meglio le performances. Questo è stato l’obbiettivo della ricerca Italiana che, con la guida della professoressa Paola Battilani, docente di Difesa delle derrate agroalimentari dell’Università Cattolica del S. Cuore di Piacenza, e la collaborazione di Corteva Agriscience ha selezionato un ceppo del fungo Aspergillus particolarmente competitivo, non produttore di aflatossina ed acido ciclopiazonico (CPA).

Le attività sperimentali in pieno campo condotte negli anni successivi da Pioneer Hi-Bred Italia, ora Corteva Agriscience, hanno poi dimostrato che questo ceppo è in grado di sostituire, su mais, i ceppi potenzialmente tossigeni di A. flavus andando a ridurre, in percentuali spersso superiori al 90%, la contaminazione da aflatossine in mais. Da maggio 2013 il ceppo non tossigeno di A. flavus, MUCL 54911, è stato depositato presso la Belgium Collection of Micro-Organism (BCCM) e dal 2015 il formulato è disponibile con autorizzazione per uso eccezionale di 120 giorni, quest’anno denominato AF-X1 2020. Questo prodotto è un agrofarmaco di natura microbiologica commercializzato da Corteva Agriscience specificatamente per il controllo della contaminazione di aflatossine su mais ad uso mangimistico. Il prodotto è costituito da granella di sorgo devitalizzata inoculata con le spore del fungo. Può essere utilizzato una volta per stagione nel periodo che va dalla sarchiatura fino a 15 giorni prima della fioritura. La dose di applicazione è di 25 kg/ha (equivalenti a 2 dosi ad ettaro) ed avviene per mezzo di normali spandiconcime presenti presso le aziende agricole. È molto importante che la distribuzione sia omogenea sull'intero appezzamento e che il prodotto non venga interrato. In alternativa, equipaggiando il sarchiatore con un granulatore a regolazione continua è possibile distribuirlo contemporaneamente alla sarchiatura. AF-X1 2020 lo scorso Marzo ha ottenuto l’autorizzazione per uso eccezionale per la campagna agraria 2020.

I risultati del monitoraggio sanitario
I risultati in campo di questo prodotto dalle prime prove sperimentali fino al monitoraggio delle diverse campagne commerciali dal 2015 al 2019 hanno confermato la sua capacità di ridurre notevolmente, in media dell’ 86,4% con percentuali di abbattimento anche superiori al 90%, la concentrazione di aflatossina sulla granella rispetto a quella senza trattamento.

Analizzando i risultati medi del monitoraggio delle campagne 2016, 2017 e 2018 (tabella 1) eseguito dal Laboratorio Pioneer Corteva, mediante il metodo analitico dell’ LC-MS/MS, su un totale di 2183 campioni di granella prelevati in aree che possiamo definire più a “rischio” contaminazione di aflatossine, come l’Emilia Romagna ed il basso Veneto, appare chiaro che il trattamento con AF-X1 2020 si è rivelato risolutivo per l’abbattimento di queste micotossine.
LC-MS/MS utilizzata per le analisi delle micotossine presente nel Laboratorio Pioneer-Corteva

Nella media dei 3 anni solo il 6% dei campioni analizzati ha rilevato una concentrazione superiore ai 5 ppb, limite di legge per mangimi per vacca da latte, contro il 19% dei campioni in cui non è stato eseguito nessun trattamento. Se guardiamo alle concentrazioni medie dei campioni analizzati (grafico 1) le granelle trattate con questo prodotto fitosanitario presentano AFB1 media di 1,03 ppb contro i 12,48 ppb di quella non trattata. Tab.1 Risultati del monitoraggio delle campagne agrarie 2016, 2017 e 2018 (Dati Lab Pioneer-Corteva su 2183 campioni di granella analizzati).
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Grafico 1. I risultati medi, in concentrazioni di Aflatossina B1 (ppb ss), dell’applicazione del prodotto a base di A. Flavus ceppo MUCL 54911

Interessante notare come anche in annate più critiche come quella 2017, dove la concentrazione media di Aflatossina B1 è risultata mediamente più alta (1, 3 ppb ss per i campioni trattati contro i 28,6 ppb ss medi dei campioni non trattati), la percentuale di campioni trattati che ha dato valori sopra i limiti di legge si è mantenuta intorno all’8% mentre la percentuale di campioni non trattati è salita al 35%, dunque anche in annate critiche l’efficacia di AF-X1 2020 viene riconfermata se non esaltata.

Concludendo, Corteva Agriscience crede fermamente che per il contenimento delle aflatossine su mais sia necessario intevenire con strategie preventive che coinvolgano tutta la filiera. Ogni intervento, infatti, da effettuare quando il mais è già contaminato risulta molto problematico e nella maggior parte dei casi si ottengono scarsi risultati. Una delle strategie più efficaci che assicurerà alle aziende agricole di produrre un mais “sano” è, senza dubbio, quella basata sul controllo biologico del fungo attraverso l’utilizzo di questi ceppi competitori. Solo così possiamo difendere la coltura chiave per il sistema agroalimentare italiano, importante elemento per l’alimentazione zootecnica e quindi essenziale per le nostre produzioni DOP, eccellenza italiana invidiata nel mondo e simbolo del “made in Italy” che, mai come in questo periodo, è di fondamentale importanza preservare.

Immagini


Granulo di AF-X1 2020 in sporulazione.


Granulo di sorgo di AF-X1 2020 distribuito sul terreno

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