Il progetto LOWeMEAT per la sostenibilità della filiera della carne

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Produttori agricoli, allevatori, industria della trasformazione e consumatori fanno parte di uno stesso tessuto sociale ed economico e sono membri, anche se con ruoli diversi, della stessa comunità. Tuttavia, una visione incompleta della filiera, unita ad informazioni fuorvianti, ha negli anni logorato il rapporto di fiducia tra produttori e consumatori, facendo si che l’opinione pubblica (i consumatori) accusi coltivatori e allevatori di prestare scarsa attenzione ai temi del benessere animale e della sostenibilità.In quanto membri attivi della comunità e della filiera, in Corteva crediamo nella trasparenza e nell’importanza di ripristinare un rapporto di fiducia che assicuri ai consumatori un approvvigionamento alimentare conforme ai propri standard qualitativi ed etici, ma che nel contempo garantisca una giusta remunerazione ai produttori e il riconoscimento del loro ruolo prioritario nella tutela dell’ambiente comune.

Sostegno attivo al progetto LOWeMEAT
LOWeMEAT è il progetto nato nell’ambito del PSR della Regione Veneto, da una proposta di ricerca che ha coinvolto gli allevatori soci di AZOVE e i ricercatori dell’Università di Padova (dipartimenti MAPS e ICEA) e che ha incluso anche importanti partner commerciali come Corteva e Lely, leader rispettivamente nell’ambito della produzione di alimenti zootecnici e nell’automazione degli allevamenti. Il protocollo di lavoro a cui stiamo collaborando promuove la precisione nell’uso delle risorse naturali e aziendali, migliorando l’efficienza del processo produttivo sia in campo che in stalla, con l’obiettivo di ottenere una certificabile riduzione delle emissioni di ammoniaca e di altri gas dannosi per l’ambiente. Risultati che si possono ottenere, ad esempio, attraverso una gestione più attenta e responsabile della fertilità dei terreni, guidata dai risultati di una valutazione del profilo chimico-fisico dei suoli aziendali e del valore fertilizzante degli effluenti zootecnici (letame, liquame e digestato) a fronte del fabbisogno nutrizionale della coltura. Le aziende coinvolte nel progetto, si sono avvalse del supporto analitico e tecnico del Laboratorio Pioneer, le cui analisi del terreno hanno evidenziato come fosse spesso superfluo, ai fini della resa, l’apporto di fosforo e potassio. Analogamente, è stato confermato come, a parità di resa finale, il fabbisogno azotato della coltura potesse essere coperto dall’uso di fertilizzanti organici di produzione aziendale in sostituzione dei concimi di sintesi. Questo, unito a tecniche di distribuzione più efficienti, consente di abbattere significativamente e in tempi rapidi, le emissioni di CO2 e gas serra per quintale di carne prodotta. Miglioramenti significativi alla sostenibilità economica e ambientale del processo produttivo in stalla, possono essere ottenuti anche nella fase di conservazione degli insilati e di razionamento, grazie a una riduzione delle perdite legate alla degradazione microbica e alla caratterizzazione, qualitativa e nutrizionale degli alimenti, resa possibile dall’avanzato supporto tecnico-analitico di Corteva.

Struttura e scopi del progetto
L’obiettivo comune che tutte le figure coinvolte si sono date, è quello di sviluppare e quindi mettere a disposizione degli allevatori un protocollo di lavoro nel sistema di produzione della carne bovina, che promuova la precisione nell’uso delle risorse, migliorando ulteriormente l’efficienza del processo produttivo diminuendo di conseguenza le emissioni di ammoniaca e di gas climalteranti, Gli interventi previsti dal progetto e in parte già realizzati considerano quindi, riguardando tutte le fasi di produzione della carne bovina: 

  • fase di coltivazione con analisi delle pratiche agronomiche per la produzione degli alimenti ad uso zootecnico che valorizzino gli effluenti aziendali e riducano l’utilizzo di fertilizzanti minerali. A questa parte del progetto partecipano 15 allevamenti AZOVE (ma l’obiettivo è di allargare la platea dei partecipanti), Il dipartimento MAPS dell’Università di Padova e Corteva, 
  • fase di conservazione degli alimenti ad uso zootecnico con particolare riguardo al miglioramento delle procedure di insilamento: questa azione è aperta a tutti i soci AZOVE e coinvolge il dipartimento MAPS dell’Università di Padova e Corteva, 
  • fase di allevamento con applicazione di un sistema automatizzato di distribuzione degli alimenti per migliorare la precisione nella fase di preparazione e distribuzione della razione. Questa attività si svolge presso la cooperativa di Fossalunga in Provincia di Treviso e vede la collaborazione con l’azienda Lely, mentre l’università di Padova dipartimento MAPS si occupa della raccolta dei dati di consumo e performance degli animali; 
  • fase di allevamento con lo sviluppo di un sistema di monitoraggio del comportamento dei bovini al fine di individuare precocemente eventuali problemi sanitari e quindi ridurre la mortalità e le perdite connesse alle patologie che colpiscono i bovini. Partecipano a questa azione la cooperativa di Monastier e il Dipartimento ICEA dell’Università di Padova. 
  • fase di macellazione, valutazione delle performance degli animali e sviluppo di un sistema di certificazione di prodotto ambientalmente sostenibile. È AZOVE con il supporto di CSQA principalmente coinvolta in questa azione

Impatto sociale dei cambiamenti
Il nuovo sistema dovrà essere configurato in modo da poter essere applicato secondo differenti e crescenti livelli di contenuto innovativo e di complessità gestionale ai soci AZOVE in Primis ma anche agli allevatori di bovini da carne della Regione. In questo modo si dovrebbe conseguire una maggiore trasferibilità dell’innovazione ed una gradualità di applicazione, secondo il principio del miglioramento continuo.

Indicatori e valore aggiunto. Il nuovo sistema di allevamento sarà collaudato sulla base della Product Environmental Footprint (P.E.F.): valutazione della PEF, secondo la metodologia riportata nella Raccomandazione della Commissione Europea 2013/179/UE, della carne bovina (Unità funzionale 1 kg): a) alla situazione 0 (situazione di riferimento, considerando 10 allevamenti di ingrasso, 1 macello, 1 sezionatore). b) alla situazione finale di progetto, negli stessi soggetti, presso i quali sono state applicate una o più migliorie volte alla riduzione delle emissioni. Pertanto gli indicatori di progetto sono riferiti alle variazioni tra situazione 0 e stato finale e si possono classificare in 4 categorie:
1) indicatori di impatto ambientale: permettono di valutare la rispondenza agli obiettivi di riduzione delle emissioni:

  • quantità di ammoniaca emessa per kg. di carne prodotta,
  • quantità di ossidi di azoto emessi per kg. di carne prodotta,
  • quantità di anidride carbonica emessa per kg. di carne prodotta. 

Questi indicatori saranno sintetizzati dall’Impronta ambientale di Prodotto, determinata da UNIPD e dal consulente del capofila AZOVE (CSQA).

2) indicatori di efficientamento: permettono di valutare la coerenza delle applicazioni in termini di efficienza tecnica

  • indice di conversione degli alimenti in carne;
  • Performance di crescita degli animali,
  • incidenza % degli abbattimenti,
  • incidenza % della mortalità,
  • resa al macello
  • punteggio di conformazione della carcassa

 

3) indicatori di benessere animale:permettono di valutare la coerenza delle applicazioni con i requisiti di benessere dei bovini:

  • il comportamento di riposo,
  • di ruminazione (con conteggio del numero di masticazioni per bolo)
  • la percentuale di rumini “gonfi
  • monitoraggio della temperatura
  • attività locomotoria degli animali nei box

 

4) indicatori di efficienza economica: permettono di valutare la coerenza delle applicazioni con la sostenibilità economica e finanziaria:

  • costi di investimento del nuovo sistema esperto (euro/U.B.A.);
  • costi di esercizio (euro/U.B.A.)
  • costi di alimentazione (euro/U.B.A.)
  • impiego di manodopera (U.L.U./U.B.A.)

In tal modo si potranno delineare i costi connessi alla riduzione delle emissioni (euro/mc. di gas non emesso) e svolgere un primo confronto con il vantaggio ambientale, in termini di esternalità collettiva.

Applicabilità dei risultati
Le soluzioni da trasferire alle aziende agricole saranno tarate su più livelli di complessità, rappresentativi e adeguati alle differenti capacità tecniche e gestionali che si riscontrano nel cluster dell’ingrasso dei bovini. Il nuovo sistema sarà sviluppato per tre livelli con differente grado di precisione:
a) livello elevato: prevede l’applicazione di tutte le tecnologie testate: Agricoltura di precisione spinta Nuovo sistema di gestione automatizzata della alimentazione; nuovo sistema di monitoraggio remoto del comportamento degli animali: idoneo per imprese che dispongono di addetti tecnici formati o con esperienza senior e che usano già sistemi di precisione applicati alle trattrici;
b) livello medio: prevede l’introduzione di tecniche di agricoltura di precisione (analisi terreni e reflui, mappatura terreni): idoneo per imprese che dispongono di tecnici esterni, che intervengono nei punti critici.
c) livello base: prevede l’applicazione di buone prassi che saranno connesse ai miglioramenti ambientali comunque conseguibili dagli allevatori che le applicano, senza interventi sulle strutture di stabulazione.
Poiché la riduzione delle emissioni in atmosfera è uno principali punti critici (vedi stato dell’arte) dell’allevamento bovino da carne, i tre livelli di applicazione permettono di soddisfare il fabbisogno tecnico dell’intero universo di allevamenti bovini da carne, vale a dire n. 7.348 stalle ad orientamento produttivo da carne. (fonte: all’Anagrafe Nazionale Bovina 2017) operanti in regione Veneto.